GIOVANNIRISSONE
PSICHIATRA
MANAGER DELLA SANITÀ PUBBLICA E DELL'EMERGENZA
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Giovanni Rissone - Manager della sanità pubblica e dell'emergenza
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Giovanni Rissone - Una vita da matto vestito da dottore

Rassegna stampa su Giovanni Rissone


da La Stampa del 13-03-1999

L'esame sulla vittima di Volpiano, rinviato da giorni per timore di contagio, si farà oggi a Biella. Mucca pazza, bloccati i funerali della donna. Il magistrato: "Prima si deve eseguire l'autopsia"

Clicca per scaricare l'articolo originale (formato pdf) Bloccato il funerale della donna di 57 anni morta martedì mattina al Giovanni Bosco, per "sospetta encefalopatia spongiforme". A quattro giorni dal decesso, il corpo resta nell'obitorio dell'ospedale, "a disposizione della procure". I figli della donna, dal momento della sua scomparsa, non hanno ancora potuto vedere la loro madre neppure per un attimo. E così il marito. "Ci hanno telefonato a casa due ore dopo la sua morte, lei era già in obitorio, ma ci hanno detto che non potevamo avvicinarci per ragioni di sicurezza". Il dottor Giovanni Rissone, direttore generale dell'Asl 4, ieri ha ripetuto ciò che aveva detto giovedì: "Non siamo disposti a eseguire l'autopsia. Troppi rischi per i nostri medici. Abbiamo informato del caso il procuratore Guariniello che già nel '96 si è occupato delle indagini su "mucca pazza", e siamo in attesa un'indicazione sul da farsi".
Guariniello ha affidato l'incarico all'assessore regionale alla Sanità, D'Ambrosio: "L'autopsia va fatta, è un problema di salute collettiva. Ma siccome non posso obbligare un ospedale non attrezzato per quel tipo di esame necroscopico, trovi lei un luogo adatto". Il luogo adatto è Bella, il giorno oggi. Intanto a Volpiano, dove abitava la donna, i figli chiedono solo umana pietà: "Ridateci nostra madre al più presto. Per favore. Che si metta la parola fine a una sofferenza per noi insopportabile. Che si smetta di parlare di lei sul giornale. Vogliamo organizzare il funerale". E avere un posto dove andare a pregare, da soli, con il loro dolore. Raccontano il calvario degli ultimi mesi, i parenti di questa donna diventata caso nazionale come la malattia che l'ha uccisa in un amen. Ricordano i giorni di settembre, quando ha iniziato ad accusare i primi sintomi della degenerazione cerebrale ("Pareva depressa"), a da quel momento ha subito, giorno dopo giorno, la lenta ma inesorabile condanna del morbo. Col susseguirsi, ben presto, di continui ed estenuanti controlli: "L'ospedale - racconta il marito - a fine febbraio ha fatto persino venire da Roma una patologa, per trovare una causa e una terapia al male di mia moglie. Quella dottoressa aveva le idea già chiare, ci ha spiegato che la causa di tutto poteva essere un animale, e noi abbiamo pensato che il colpevole fosse il nostro cagnolino Riko. Ma quella dottoressa ha iniziato a farci una serie infinite di altre domande, mentre mia moglie era già in coma: "È mai stata in Inghilterra?", "All'estero?", "Mangia abitualmente carne?", "E che tipo di carne mangia?". Domande che non sono servite a salvarla. Domande che, chissà, serviranno forse alla scienza per imboccare, domani, la strada verso un "antidoto" a questa proteina-killer più piccola di un virus, ma micidiale come nient'altro. Ancora i figli della donna: "Era dicembre. Mamma è diventata strana, come in preda alla depressione. Papà, poco prima, aveva avuto un infarto, abbiamo pensato che lei fosse preoccupata. Poi ha iniziato a non mangiare più, a perdere la vista, non aveva più voglia neppure di uscire. E allora l'abbiamo ricoverata a San Maurizio, in una casa di cura. Era il 4 gennaio, mattina presto. Ma è stato inutile, ci hanno fatto capire che serviva un ospedale per lei". La donna è arrivata al Giovanni Bosco il 12 gennaio, in condizioni già gravi.
Anche la mattina di Natale era stata nello stesso ospedale, ma era tornata a casa. "La situazione peggiorava di giorno in giorno, i medici non sapevano che cosa dirci", prosegue distrutto il marito. Adesso li ha assaliti la paura: "Finché non sapremo che cosa ha ucciso nostra madre, vivremo nell'incubo che il male possa tramandarsi, che sia genetico, e che i nostri figli possano essere a rischio". Non ci sono risposte per una malattia che si conosce poco. "Esami su esami, mai nessuna certezza, per nostra madre". Le condizioni della paziente, dopo qualche settimana, sono crollate: è entrata in coma, coma irreversibile. Lunedì mattina, forse, l'ospedale e la scienza ridaranno una madre e una moglie ai suoi familiari, ostaggi di un nullaosta.
Marco Accossato, Nadia Bergamini

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