Rassegna stampa su Giovanni Rissone
da ASPE del 22-06-1989
Psichiatria democratica "riparte" da Eboli
Riaffermato il "fare" salute mentale come un momento del "fare" salute in generale. La rilevanza e la necessità della solidarietà attiva nel
superamento dell'emarginazione.
86.0091 - Nell'ambito dei momenti di riflessione e confronto a livello nazionale preparatori del Congresso del
1987, si sono tenute ad Eboli, dal 21 al 23 marzo 1986, tre giornate di studio di Psichiatria Democratica, sul
tema: "Salute mentale: Scienza, operatività, didattica".
Questo incontro, organizzato dal gruppo campano di Psichiatria Democratica, rientra nelle scelte e negli
obiettivi espressi dal Convegno Nazionale di Ancona del 1985 e confermati nelle successive riunioni del
Coordinamento Nazionale.
Due ordini di problemi interdipendenti sono alla base di queste scelte: da un lato, il rilancio regionale e
nazionale, anche organizzativo, di Psichiatria Democratica ed il rafforzamento del rapporto e del confronto con
le situazioni internazionali, dall'altro, la riflessione sulla linea, la progettualità, tramite il
confronto, l'analisi, dei problemi teorici e pratici del far salute mentale nelle pratiche di cambiamento e
ricerca espresse nelle, e secondo, le diverse situazioni regionali.
Importante per il contributo all'estensione dell' analisi, oltre all'essere insieme, è stata la
partecipazione, per esempio, di rappresentanti della sinistra al Parlamento nazionale, dell'Associazione per la
lotta contro le malattie mentali (con Silvana Cottino), di Torino Progetto (con Sandro Guiglia), della London
School of Economics di Londra (con Shula Ramon), dell'Università di Hannover (con Hans Pfefferer Wolf).
Numerosi contributi hanno affiancato le relazioni previste.
Da ricordare alcuni punti espressi durante l'incontro:
- La struttura organizzativa di Psichiatria Democratica in Società Regionali: i loro rappresentanti
costituiranno il momento di tipo Confederativo Nazionale ed esprimeranno a livello congressuale la Segreteria
Nazionale e la Presidenza.
- La conferma della non chiusura di Psichiatria Democratica al definibile specifico psichiatrico, per cui le
iscrizioni sono possibili anche per cittadini e per gli operatori non appartenenti ai Servizi per la Salute
Mentale (tutta l'area socio-sanitaria), ritenendo il far salute mentale un momento del far salute in generale,
della ricerca della qualità della vita di un uomo inteso nella globalità ed unitarietà
del suo essere biologicamente, psicologicamente, socio-economicamente.
- La formazione, didattica, operativa, che sia adeguata a questa rappresentazione complessiva e globale.
- La pratica, non espressione di spontaneismo né di rispose preformate, ma di programmi e metodi
efficaci per la prevenzione, cura, tutela, riabilitazione, verso la salute mentale, obiettivo superiore a quello
della difesa delle leggi esistenti (180 - 833) intese come conquista storico-politica, scientifica, oltre che uno
degli strumenti per il cambiamento.
- L'affermazione dell'integrazione contro il separatismo corporativista riemergente espresso dai sistemi chiusi
conoscitivi ed operativi esistenti.
- La Ridefinizione conseguente dei ruoli e comportamenti professionali in una organizzazione di un sapere e di un
fare in situazione territoriale contro la psichiatrizzazione, il manicomio e la metodologia manicomiale, le
risposte repressive ed emarginanti utili a certi obiettivi di potere, non alla scienza ed alla qualità
della vita dell'uomo nel rispetto e promozione, reale, quotidiana, della sua libertà.
- L'utilizzazione del potere istituzionale del proprio ruolo per questi fini, nel quotidiano, ai vari livelli
istituzionali.
- La rilevanza e la necessità della solidarietà attiva nel superamento dell'emarginazione.
- Il significato e l'importanza delle attuazioni multiformi del "privato sociale" (volontariato, cooperative)
nell'ambito della solidarietà attiva, della risocializzazione in superamento dell'assistenzialismo.
- Il volere continuare a lottare, consapevoli dei problemi, difficoltà, ostacoli, condizioni politiche,
amministrative, culturali, dei bisogni indotti esistenti, nel percorso per il cambiamento avviato e consolidato
nelle esperienze.
Sono stati infine definiti i prossimi appuntamenti tra cui: a giugno un convegno sulle "Tutele" a Trieste, il
Reseau Europeo di Alternativa alla Psichiatria, in Spagna, a Siviglia e a settembre convegno su "Salute e terapia"
con la responsabilità organizzativa della Società Triveneta di Psichiatria Democratica.
La ricerca è schizofrenica? Ripartiamo dal territorio
I limiti attuali e le prospettive future dell'indagine scientifica in campo psichiatrico discusse in un
convegno a Torino
89.0365 - TORINO - La ricerca permanente nei servizi è uno dei mezzi per evitare che la psichiatria operi
come ordinaria amministrazione della malattia mentale. Nell'ambito dei significati, anche contrastanti, che
l'indagine scientifica assume in questo campo, un percorso ideale e stato individuato nel convegno i servizi di
salute mentale e la ricerca, tenutosi a Torino il 15 e 16 giugno scorsi. Così lo ha delineato Giovanni
Rissone, coordinatore dell'iniziativa: "Vogliamo partire dal malato e dal suo disagio, non dalla malattia, e
chiarire che cosa si sta facendo per la ricerca nei diversi settori".
Partire dall'esperienza di sofferenza e di utenza dei servizi: questa è d'altronde la linea su cui si
muove da circa tre anni la segreteria generale permanente di "Far salute" che ha promosso la conferenza e che ha
sede presso la Ussl 43 di Torre Pellice (To).
A lungo la ricerca in campo psichiatrico è stata monopolizzata dal positivismo di orientamento
lombrosiano. Ma siamo così lontani dall'epoca delle misurazioni e delle classificazioni fatte a danno
delle persone che soffrono? I rischi di un "nosografismo di ritorno" ci sono, ha affermato in apertura Agostino
Pirella, responsabile dell'Ufficio per il superamento degli ospedali psichiatrici dell'Ussl 24 di Collegno (To).
Recenti approcci diagnostici, soprattutto d'oltreoceano, sembrano confermarlo.
Un altro pericolo è quello di concentrarsi sulla ricerca nei servizi, invece che partire dai servizi per
allargare l'intervento al problema della salute mentale sul territorio. In più momenti si è
sottolineato il tendenziale scollamento tra l'assistenza sanitaria e l'assistenza sociale, che ha le proprie
ripercussioni sull'area della ricerca. L'epidemiologia e la farmacologia sono ancora troppo spesso i campi
centrali d'indagine, mentre la sotterranea accettazione dello slogan per cui "il sociale non è
psichiatria" può ostacolare il cammino di molti operatori (ricercatori o meno) e di molti utenti che,
attraverso il sociale e nel territorio, hanno tentato di superare gli stretti limiti della medicalizzazione.
Anche entro la ricerca si assiste a una ripartizione di interventi, come è stato sottolineato da Fabrizio
Asioli, responsabile dei servizi psichiatrici territoriali di Reggio Emilia. "In Italia - ha affermato - i
servizi non hanno il compito istituzionale della ricerca, che è affidata alle università e agli
enti, appunto, di ricerca, ma hanno solo quello dell'assistenza". Ciò nonostante, "i servizi psichiatrici
pubblici, ove esistenti e sufficientemente attrezzati, rappresentano, meglio di quelli privati e delle
università, il terreno più consistente di incontro tra domanda e risposta psichiatrica".
La ricerca deve permettere alla psichiatria territoriale di confrontarsi con altri tipi di servizio. Emerge
così l'esigenza di valutare l'efficienza delle strutture, attraverso l'elaborazione di un adeguato sistema
informativo. Pierluigi Morosini, dell'Istituto superiore di sanità di Roma, si è soffermato in
particolare sull'individuazione di una serie di "eventi sentinella", indicatori cioè di situazioni di
scarso rendimento dei servizi, ancora da elaborare ma di cui sono state suggerite alcune variabili preliminari:
suicidi, ricoveri ripetuti, tendenze a autoisolamento, riscontri negativi alle procedure di ricontrollo dell'iter
terapeutico.
Il problema della prevenzione è stato affrontato in più interventi. Un primo ambito di ricerca, in
parte già avviato, riguarda il rapporto tra la medicina di base e il disagio emotivo, che ha messo in
rilievo specifiche questioni di generalità della diagnosi, di sottovalutazione dei sintomi e di largo
ricorso alla prescrizione di psicofarmaci.
Anche la famiglia rientra nelle aree di prevenzione e di intervento. Di questo argomento si sono occupati studiosi
inglesi, tra cui Julian Leff, dell'Istituto di psichiatria di Londra, e italiani. Un gruppo di ricercatori romani
ha sottolineato l'importanza di tenere sotto controllo alcune età critiche (l'adolescenza per i figli, i
trenta - quaranta anni per i genitori), ma soprattutto di valutare l'impatto delle situazioni sociali, con
particolare attenzione al contesto abitativo.
È venuto così delineandosi un quadro delle possibilità di ricerca dai servizi, ma il panorama
attuale è tutt'altro che completo. Carenti, o almeno inespressi, si sono mostrati i contributi rispetto a
quell'area importante e delicata delle esperienze di risocializzazione dei cosiddetti residui manicomiali, al di
là della semplice gestione. Ugualmente, è apparsa palese la reticenza su tutto un mondo che rimane
al di fuori di ogni possibilità di intervento e ricerca territoriale, quale il privato psichiatrico
più o meno convenzionato, che gestisce ancora una considerevole parte di malati di mente.
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