Rassegna stampa su Giovanni Rissone
da L'Eco del Chisone del 09-11-2011
Giovanni Rissone si racconta in un libro che denuncia le contraddizioni del presente
Uno psichiatra in un mondo di pazzi
"Una vita da pazzo vestito da dottore", viaggio nella sanità dal '70 a oggi
Quando Giovanni Rissone si muove non passa inosservato. Nel bene e nel male travolge ogni cosa che incontra. Neanche questa volta ha fatto eccezione. Il suo ultimo
libro - "Una vita da matto vestito da dottore - Uno psichiatra basagliano nella sanità dal '70 ai 2000", Edizioni Tigullio-Bacherontius - infatti, seppur
romanzato, punge, dice cose talvolta molto forti. ln poche parole: non è politicamente corretto.
Ma l'arte della diplomazia non è roba che abbia mai praticato il "nostro" medico psichiatra, già direttore generale dell'ex-Asl 10 di Pinerolo e poi
per cinque anni, dal 1996 al 2002, a capo dell'As14 dl Torino e ora consulente internazionale per la sanità. Gli sono sicuramente più consone le
situazioni dl rottura, è più verosimile saperlo dire cose fuori dal denti, andare controcorrente e tenere atteggiamenti non convenzionali. Fino a
farsi del male, anche perché il mondo, fuori, non sempre apprezza chi ne svela le debolezze.
In "Una vita da matto vestito da dottore" Giovanni Rissone racconta e si racconta (non senza compiacimento). Racconta la sua guerra, contro una sanità
incapace di dare risposte alle persone, talvolta neanche capace di ascoltare il paziente nella sua dimensione umana.
"Ho scritto questo libro perché volevo arrivare alle persone e dire loro che è possibile cambiare le cose, migliorare la vita degli individui,
sia che abbiano problemi di salute mentale, sia di salute fisica". I casi, gli esempi che cita e danno inizio a ricche riflessioni sono tirati fuori dalla sua
dinamica carriera. "Nell'organizzazione della sanità si possono fare grandi cose, anche con i finanziamenti ridotti, anche in situazioni difficili, ma
occorre seguire alcuni fondamentali requisiti. Prima di tutto - sottolinea Rissone - devi crederci, soprattutto se sei il capo; i responsabili devono essere
scelti per le capacità che possiedono, essere onesti e avere nel cuore "l'altro", nel nostro, caso i pazienti, che devono essere considerati persone e non
organi". Durante il suo lavoro in camice bianco Rissone ha sempre dato del "tu" a pazienti e collaboratori. "Può sembrare un atteggiamento
demagogico, ma non è cosi. Se dai del "tu" con sincerità riesci a coinvolgere l'altro che diventa forza ed entusiasmo, voglia di fare".
La sua esperienza regala un limpido esempio di ciò: "Quando sono arrivato in Val Pellice nel 1978, i Servizi psichiatrici praticamente non esistevano.
Mi sono dovuto inventare tutto per mettere in atto la riforma psichiatrica. Con l'aiuto dei miei collaboratori, degli infermieri e degli operatori ce l'abbiamo
fatta. Come in un'orchestra, ognuno ha suonato il proprio strumento in sintonia con gli altri. Senza il gruppo, senza quel potenziale di liberazione di
responsabilità, non si sarebbero potute fare le grandi cose che abbiamo fatto".
E a dirigere l'orchestra il direttore. Lui. "Il problema oggi è che i capi non sanno fare i capi perché sono scelti in un sistema di connivenza,
nelle aree grigie di questa Paese, tra gli amici degli amici. I partiti sono uffici di collocamento e i politici onesti e capaci, che pure ci sono, sono scartati.
Una realtà trasversale a tutti i partiti".
E fuori di essi, "siamo dominati da immagini che creano valori distorti, suggeriscono come vincenti le scorciatoie, il denaro a ogni costo, apparenza senza
contenuti. E in questa cultura dominante chi si ribella viene allontanato, emarginato, perché disturba il potere".
"Il matto vestito da dottore" ne sa qualcosa. "Ma io voglio che la gente sappia che 'si può fare' diverso, anzi che è già stato
fatto".
Sofia D'Agostino
Torna all'elenco degli articoli