Rassegna stampa su Giovanni Rissone
da L'Unità del 30-01-1988
Tutela dei consumatori
Allevare animali sani
La nostra salute dipende anche dai veterinari
TORRE PELLICE. Si calcola che in Italia la metà degli animali destinati alla macellazione vengano allevati
con criteri intensivi e con metodi che, forse nella grandissima maggioranza dei casi, sono ineccepibili. Ma non di
rado la cronaca ci ammannisce storie di manette che scattano ai polsi di disonesti, e di processi legati all'uso di
sostanze proibite, come gli estrogeni. Ed è indubbio che un controllo sistematico sui metodi con cui si
somministrano i 400 miliardi di antibiotici e farmaci vari che ogni anno entrano nelle stalle non sarebbe
superfluo.
Ma come si fa? I veterinari pubblici alle dipendenze del servizio sanitario nazionale sono, oggi, poco più
di 3 mila. "A nostro parere ne occorrerebbero almeno 6mila", dice il dott. Mario Valpreda, responsabile dei servizi
sanitari della Regione Piemonte, che è stato tra i promotori del convegno "Far salute" organizzato qui a
Torre Pellice della Società di sanità pubblica nata sette mesi or sono. Uno dei punti più
deboli sono i servizi veterinari regionali, che costituiscono il raccordo tra l'amministrazione centrale e le
unità sanitarie territoriali: 5 medici veterinari in Piemonte, uno solo in Lombardia, uno ...
La Società di sanità veterinaria si è proposta una "rifondazione" della professione per
renderla coerente con la finalità della tutela della salute umana. Ai compiti tradizionali di cura degli
animali, la legge di riforma ha aggiunto quelli della lotta all'adulterazione degli alimenti e dello sviluppo di
più equilibrati rapporti di coesistenza tra uomo, ambiente e animali.
Un problema che investe anche gli istituti zooprofilattici. Il massimo è stato toccato nel 1985 con poco
più di 12 milioni e mezzo di controlli: ma per un sistematico monitoraggio delle malattie e per una verifica
accurata della genuinità delle carni occorrerebbero, secondo il prof. Giorgio Gagliardi dell'Istituto
zooprofilattico delle Tre Venezie, almeno 25 milioni di esami. Altrimenti può accadere, come è
accaduto, che un'epidemia di afta epizootica, che poteva e doveva essere stroncata in breve tempo, si sia protratta
per tre anni, riproducendosi in 400 focolai.
Un ritardo, è il parere del prof. Adriano Mantovani dell'istituto superiore di sanità, c'è
anche nei criteri della formazione universitaria, ancora poco attenti al compito della prevenzione: "II veterinario
che sa evitare una mastite della bovina. Salvaguarda economia, ambiente e salute".
P. G. R.
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