Rassegna stampa su Giovanni Rissone
da La Repubblica del 20-08-2001
L'innovativo intervento eseguito nei giorni scorsi al San Giovanni Bosco
Il corallo per guarire dall'artrosi cervicale
Tasselli inseriti tra le vertebre del collo
Il Corallo marino per curare l'artrosi cervicale, la malattia del secolo che colpisce sempre più
persone anche fra i giovani. L'idea di usare "l'oro rosso" degli abissi non per collane o braccialetti, ma
per curare la fastidiosa e talvolta invalidante malattia del collo è di Riccardo Boccaletti,
neurochirurgo dell'ospedale Torino nord emergenza, san Giovanni Bosco. Il paziente è un uomo di 30
anni, infermiere professionale di Palermo arrivato a Torino apposta per farsi operare con la tecnica del
corallo marino. A favorire l'insorgenza dell'artrosi cervicale che gli aveva provocato addirittura una
lieve paralisi del braccio sinistro era stata, paradossalmente, la troppa ginnastica. L'infermiere,
infatti, ha una passione per il culturismo. Ma il troppo tempo passato in palestra, forse un eccessivo uso
di pesi e la conseguente smisurata crescita di muscoli hanno finito per danneggiare la parte più
debole della colonna vertebrate, la cervicale, appunto. Quel tratto di colonna è composto da sette
vertebre: l'ernia del disco aveva colpito l'infermiere professionale di Palermo fra la sesta e la settima
vertebra. Un piccolo frammento di cartilagine e disco erano stati espulsi ed erano finiti a premere contro
il midollo e contro la radice nervosa dalla quale partono i "comandi" nervosi per muovere il braccio
sinistro.
L'équipe neuro chirurgica del san Giovanni Bosco, diretta dal primario Giuseppe Oliveri e composta da
Boccaletti e da Alessandro Longo, ha sottoposto qualche giorno fa il culturista ad un delicato intervento
chirurgico durato oltre due ore. I neuro chirurghi 'hanno raggiunto la lesione cervicale attraverso
un'incisione effettuata sul collo, sotto la gola, aprendo un varco naturale fra la carotide e la trachea.
Subito dopo, con l'ausilio del microscopio e di micro strumenti, è stato asportato tutto il frammento
dell'ernia espulsa contro il midollo. A quel punto, però si è creato uno spazio vuoto che
doveva in qualche modo essere colmato, altrimenti le vertebre si sarebbero attratte fra loro comprimendo,
come in una morsa, i centri nervosi già danneggiati. Nella stragrande maggioranza dei casi, in
interventi di questo genere lo spazio vuoto viene colmato con l'uso di un tassello osseo prelevato dal
bacino dello stesso paziente. In altre situazioni e, in particolare, fra i giovani, si usano protesi ossee
di mucca, prelevate da cadavere o artificiali. Queste soluzioni, tuttavia, non sono esenti da effetti
indesiderati e da pericolose controindicazioni.
Una soluzione del tutto nuova è quella che è stata inventata dall'équipe del dottor
Oliveri che ha mutuato sul collo una tecnica già impiegata in sala operatoria in interventi
ortopedici per riempire vuoti lasciati da traumi o da operazioni per l'asportazione di tumori. Secondo gli
specialisti del san Giovanni Bosco, il materiale marino, avendo una struttura simile all'osso spugnoso
umano, ha il vantaggio di adattarsi perfettamente alla compressione che si crea dopo l'asportazione del
disco rotto fra le due vertebre, evitando tensioni anomale e pressioni dannose sui centri nervosi. L'"oro
rosso" ha, inoltre, un'altra funzione favorevole, quella di stimolare e facilitare la riproduzione dell'osso
nella zona nella quale è intervenuto il neuro chirurgo. In quel modo la nuova fusione ossea
cementerà l'una all'altra le due vertebre. Essendo indebolita o alterata la funzionalità
dinamica della colonna cervicale, e preferibile che i due dischi vertebrali siano fra loro saldati per
evitare pericolosi e non voluti spostamenti. L'operazione è riuscita, l'infermiere sta bene anche
se, con ogni probabilità, non potrà più dedicarsi alla sua attività sportiva
preferita, il culturismo.
Alberto Custodero
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